Dalla Via della Seta alle corsie degli ospedali lombardi
Guido Bertolaso, assessore al Welfare della Regione Lombardia
La Lombardia guarda a Oriente per affrontare la carenza di infermieri. Nei prossimi giorni arriveranno a Milano i primi dieci infermieri uzbeki, che trascorreranno tre mesi di formazione all’Asst Fatebenefratelli-Sacco, affiancati da tutor clinici e mediatori linguistici. È la prima fase di un progetto di cooperazione internazionale che, entro il 2026, porterà in regione oltre 200 professionisti della Repubblica dell’Uzbekistan.
L’iniziativa nasce da un accordo bilaterale siglato lo scorso giugno durante la missione del governatore Attilio Fontana e dell’assessore al Welfare Guido Bertolaso a Tashkent, in collaborazione con l’Agenzia uzbeka per la migrazione. L’obiettivo è duplice: dare una risposta immediata alla carenza di personale sanitario negli ospedali lombardi e, al tempo stesso, promuovere percorsi di formazione congiunta e scambi professionali tra i due Paesi.
Un progetto di formazione e integrazione
Il programma prevede un periodo di tirocinio clinico nei reparti di emergenza, terapia intensiva, area pediatrica, oncologia e cardiologia, sotto la supervisione di tutor infermieristici italiani. I partecipanti seguiranno anche corsi di aggiornamento teorico e laboratori di comunicazione interculturale.
Parallelamente, a partire da novembre, verranno attivati corsi di lingua italiana per 150 infermieri a Tashkent e 60 a Samarcanda, che costituiranno la base del successivo reclutamento previsto per la primavera del 2026. In totale, la collaborazione porterà in Lombardia circa 210 infermieri formati secondo gli standard regionali.
Si tratta di un modello di cooperazione internazionale che unisce formazione, competenze e solidarietà
ha dichiarato Bertolaso L'obiettivo è creare scambi stabili con l’Uzbekistan e formare professionisti in grado di rispondere ai bisogni della nostra sanità, valorizzando al contempo le esperienze di crescita nei Paesi partner
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La risposta alla carenza strutturale di infermieri
Secondo le stime più recenti, in Italia mancano oltre 60mila infermieri. Solo in Lombardia, gli ospedali pubblici registrano circa 700 posti vacanti su un fabbisogno di 2.100 unità. La crisi è aggravata dal calo delle iscrizioni ai corsi universitari di Infermieristica, che nel 2024 per la prima volta hanno visto meno candidati che posti disponibili.
Negli ultimi anni, la Regione ha già sperimentato forme di collaborazione con università e governi dell’America Latina, in particolare in Argentina e Brasile, dove la lingua e la formazione accademica risultano più affini. La missione in Uzbekistan rappresenta ora un’estensione del modello verso l’Asia centrale, lungo un asse che richiama simbolicamente la storica Via della Seta.
Formazione reciproca e standard di qualità
Il progetto prevede anche l’apertura, entro la fine del 2025, di una unità di missione presso l’Ambasciata italiana a Tashkent, che coordinerà i rapporti tra le università e gli enti sanitari dei due Paesi. L’obiettivo è costruire una rete stabile di cooperazione accademica, con programmi di formazione congiunta e tirocini professionalizzanti.
Ogni infermiere uzbeko, prima dell’assunzione nei presidi lombardi, dovrà completare un percorso di certificazione linguistica e di validazione delle competenze, secondo le normative italiane ed europee. La Regione assicura che l’inserimento sarà graduale e accompagnato da programmi di mentoring e integrazione culturale.
Un modello che fa discutere
Se da un lato il progetto è accolto come una soluzione pragmatica alla carenza di personale, dall’altro solleva interrogativi sulle strategie a lungo termine. Le organizzazioni sindacali ricordano che l’Italia continua a perdere infermieri formati sul territorio, attratti da condizioni economiche migliori all’estero.
Reclutare professionisti dall’Asia
, osservano alcune sigle di categoria, può essere utile nel breve periodo, ma non sostituisce la necessità di rendere più attrattiva la professione in Italia, con stipendi e carriere più competitivi
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Bertolaso, dal canto suo, difende la scelta: Non si tratta di sostituire ma di integrare. Le collaborazioni internazionali rappresentano un’opportunità reciproca e un segnale di apertura verso modelli sanitari globali
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