Sanità, l’allarme Agenas: pochi infermieri e medici troppo anziani

Scritto il 03/10/2025
da Redazione

Il nuovo rapporto Agenas sul personale del Servizio sanitario nazionale fotografa una realtà in chiaroscuro: tanti medici rispetto alla media europea, ma con età avanzata e specialità sempre meno attrattive; pochi infermieri, con iscrizioni ai corsi in caduta libera e un’ondata di pensionamenti all’orizzonte. Senza interventi strutturali, il rischio è la perdita di tenuta del sistema sanitario.

Una sanità sotto pressione demografica

L’Italia è uno dei Paesi più anziani al mondo: oltre il 24% della popolazione ha più di 65 anni, e secondo le proiezioni Eurostat la quota salirà al 34,6% entro il 2050. Questo significa un aumento costante della domanda di cure croniche e assistenza a lungo termine.


Il Servizio sanitario nazionale, nato con l’idea di garantire universalità e equità, si trova così a dover rispondere a una domanda crescente con un capitale umano non solo insufficiente numericamente, ma anche distribuito in modo diseguale tra le professioni e i territori. Agenas, nel suo rapporto 2023, parla senza mezzi termini di “squilibri strutturali”: da un lato un numero elevato di medici ma con età media molto avanzata, dall’altro una carenza cronica di infermieri e Oss, figure indispensabili per la presa in carico quotidiana dei pazienti.

Formazione universitaria e specializzazioni

Negli ultimi dieci anni i posti a Medicina sono raddoppiati, passando da circa 10.600 nel 2014 a oltre 24.000 nel 2025. Anche le borse di specializzazione hanno superato quota 15.000, con l’obiettivo di coprire il fabbisogno nazionale. Tuttavia, l’aumento quantitativo non ha risolto gli squilibri qualitativi. Alcune specialità fondamentali per il funzionamento del sistema, come emergenza-urgenza e anestesia e rianimazione, restano tra le meno scelte dai giovani. Segno che non basta ampliare i numeri: bisogna rendere queste discipline più attrattive con condizioni di lavoro migliori e prospettive di carriera chiare.

Sul fronte infermieristico, il quadro è ancora più preoccupante. Pur con un aumento progressivo dei posti a bando (oltre 20 mila nel 2025), le domande di iscrizione sono crollate. Nel 2011 c’erano quasi tre richieste per ogni posto; oggi il rapporto è sceso a 1:1. Per la prima volta, i corsi di laurea in Infermieristica rischiano di avere posti vacanti. Ciò significa che, anche se il numero di laureati resterà alto nei prossimi anni (Agenas stima circa 73 mila entro il 2029), non basterà a coprire le uscite per pensionamento.

L’Italia e il nodo infermieri

Il dato più critico del rapporto è quello relativo alla densità infermieristica. In Italia ci sono 6,9 infermieri ogni mille abitanti, contro gli 8,26 della media UE e i 13,2 della Germania. È un gap che non si colma da anni e che ha effetti diretti sulla qualità dell’assistenza.


Il rapporto infermieri/medici è di 1,3, mentre negli altri Paesi europei è di almeno 2. In pratica, in Italia un medico lavora con meno della metà del supporto infermieristico disponibile altrove. Le conseguenze sono note: sovraccarico di lavoro, minore tempo per la relazione con il paziente, più alto rischio di errori e di eventi avversi.