La medicina ha bisogno di storie, perché in fondo è fatta di storie. Da questo assunto parte il progetto di ricerca finalizzato alla stesura della mia tesi di laurea in Infermieristica. Durante le diverse esperienze di tirocinio e di internato presso nosocomi sia italiani che spagnoli, è emerso che le richieste più effettuate dai pazienti riguardano l’attenuazione del proprio dolore. Da qui è nata l’esigenza, o per meglio dire la volontà, di applicare l’approccio narrativo alla valutazione ed alla terapia antalgica.
Narrative Based Medicine, perché le malattie senza le persone non esistono
La Medicina Narrativa rappresenta l’incontro, o per meglio dire, lo scontro, tra la storia di vita di un paziente e la sua storia di malattia. Raccontarsi aiuta a ri-conoscersi e riconoscersi aiuta a ricostruire la propria identità ed il proprio vissuto, recuperando dati ed informazioni utili sia all’assistito che agli operatori sanitari.
Per questo motivo, la medicina narrativa rappresenta un punto focale sia nel processo diagnostico che in quello terapeutico, nei quali il proprio vissuto si fonde e si confonde con la storia di malattia.
Sebbene ancor poco conosciuta in Italia, questa disciplina, soprattutto nell’ultimo decennio, ha cominciato ad avere una sua visibilità, dovendo farsi spazio in una pratica clinica sempre più incentrata sulla patologia, piuttosto che sulla persona.
Ma le malattie, senza le persone, non esistono. A tal ragione, si è riscoperto estremamente utile ed importante ascoltare i racconti dei pazienti, i quali, utilizzando la narrazione, hanno la possibilità di ricostruire la propria storia, riordinando tutti i tasselli della loro vita che la malattia aveva scaraventato nel caos.
La medicina narrativa è solo uno dei tanti mezzi messi a disposizione dalle Medical Humanities, le quali si occupano di offrire un nuovo approccio alla comprensione dell’uomo, visto nella sua interezza.
Paradossale è il suo avvento in tempi così recenti e il fatto che siano in pochi coloro che la conoscono e la praticano; infatti, sebbene sia stata battezzata con il nome di “Narrative Based Medicine” soltanto negli anni ’90, la medicina narrativa esiste da quando esistono le storie e cioè, da sempre.
Lo svantaggio di essere ancora un “territorio inesplorato” si concretizza nella scarsa formazione e nell’insufficiente sensibilizzazione che si attuano in merito a quest’argomento. Il risultato si trasforma in un’assenza di conoscenza che taglia fuori dalla pratica clinica tutti i benefici che la medicina narrativa porta con sé.
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla (Gabriel Garcia Marquez)
In molti perfino la considerano una competenza irrilevante e perdi-tempo: in realtà, se ci fosse un’adeguata formazione in grado di inserire questa conoscenza (ed il suo uso) nella forma mentis degli operatori sanitari, non la si considererebbe una perdita di tempo, piuttosto un valore aggiunto che permette un più agevole e lineare iter diagnostico-terapeutico.
Le esperienze, o per meglio dire, gli “esperimenti” di medicina narrativa sono stati molteplici. Ciascuno ha restituito risultati importanti che, pur essendo quantitativamente ancora insufficienti, hanno aperto nuove strade verso una più approfondita conoscenza della tematica.
Aumento della compliance terapeutica ed incremento della soddisfazione del paziente sono alle base di tutte le ricerche e di tutti gli studi fino a questo momento effettuati. Alcuni di essi, tuttavia, hanno dato risultati più tangibili, il cui significato potrebbe celare la reale importanza della medicina narrativa nella pratica infermieristica.