La scala Glasgow compie 50 anni: uno sguardo al passato e uno al futuro
Manley e Maas sottolineano come sia universalmente riconosciuto che la GCS è stata una pietra angolare. Ricordano che, prima della sua adozione, il livello di coscienza veniva riportato in termini vaghi ed ambigui.
Un paziente con alterato stato di coscienza veniva descritto e classificato come comatoso, subcomatoso, stuporoso ed ottuso. Ciò comportava comunicazioni imprecise tra gli operatori sanitari, ritardi nel rilevamento di cambiamenti clinici nonché mortalità e morbilità evitabili.
Per descrivere i vari livelli di coscienza la nuova scala, nella quale punteggi più bassi rappresentano una risposta peggiore, mirava invece a fornire un quadro oggettivo valutando la reattività oculare, motoria e verbale. Si tratta di tre domini che attualmente vengono valutati rispettivamente con 4, 5 e 6 categorie.
Sommare i punteggi dei singoli componenti in un punteggio totale GCS, che va da 3 a 15, veniva riconosciuto dai medici, sin dall'inizio della sua introduzione, come un utile mezzo per aggregare le informazioni, soprattutto per scopi di ricerca.
Sin dal suo utilizzo iniziale, il GCS è stato rapidamente adottato nel trauma cranico acuto nella pratica clinica generale per tutti i pazienti con o a rischio di disturbo della coscienza. Successivamente la scala è stata incorporata in molti schemi di classificazione e triage, tra cui l'Advanced Trauma Life Support (ATLS), la classificazione dell'emorragia subaracnoidea della World Federation of Neurosurgical Societes, i sistemi di classificazione dell'Acute Physiology and Chronic Health Evaluation Intensive Care Unit. In tempi più recenti la scala è stata introdotta anche nel punteggio Sequential Organ Failure Assesment per la sepsi e la codifica ICD per il trauma cranico.
I principali punti di forza del GCS sono ancora oggi la sua semplicità e l'ampio utilizzo clinico in diversi contesti di cura e in tutti i livelli di gravità delle lesioni. Un recente sondaggio condotto nel 2016 riporta come la scala sia utilizzata principalmente per la valutazione seriale di un paziente, il processo decisionale clinico, il triage per il ricovero e la dimissione e la classificazione della gravità delle lesioni.
Risulta inoltre che il punteggio totale è ancora ampiamente utilizzato anche per la progettazione degli studi clinici. Uno studio di coorte longitudinale, multicentrico e prospettico europeo sui percorsi di cura e i risultati nei pazienti con trauma cranico ed un altro americano sul recupero dopo trauma cranico lieve nei pazienti che si rivolgono a centri traumatologici hanno documentato l'evoluzione delle conoscenze sul GCS ed hanno confermato la necessità di associare la scala con i risultati di imaging, i biomarcatori basati sul sangue e l'esito clinico funzionale.
Nel corso dei decenni si sono aperti dei dibattiti in letteratura per sostenere la sostituzione del GCS e sono state proposte delle alternative, come la scala Full Outline of Unresponsiveness ossia il punteggio FOUR, che presenta un indice esteso di gravità clinica con la valutazione della reattività delle pupille.
Tuttavia, molte di queste proposte si sono concentrate su sottopopolazioni, come quelle in terapia intensiva, e non sono quindi esaustive. Pertanto, gli esperti ritengono che non esistano al momento valide alternative, sebbene riconoscano alcuni limiti del GCS tendo conto che molti approcci terapeutici sono cambiati nel tempo.
Le critiche maggiori riguardano il punteggio di somma della scala che non ha il valore complementare dei singoli componenti di base. Il punteggio totale potrebbe essere deviato da diversi singoli fattori, ciascuno dei quali ha un valore prognostico diverso.
Il fatto che poi i pazienti arrivino in ospedale già sedati, intubati e ventilati, grazie al netto miglioramento del trattamento extraospedaliero, impedisce una valutazione accurata dei componenti del GCS, alcuni dei quali risultano non testabili. Per definire una caratterizzazione più approfondita delle condizioni del paziente occorrerebbe invece riportare i punteggi di ciascuno dei suoi componenti.
Un'altra preoccupazione è come il punteggio totale viene utilizzato per classificare la gravità del trauma cranico come lieve (GCS 13-15), moderata (GCS 9-12) e grave (GCS inferiore a 8). Specificando che si tratta di una tricotomia non proposta dagli ideatori originali ma evoluta nel tempo, gli autori sottolineano che molti medici ritengono la scala troppo semplicistica e si oppongono al suo utilizzo continuato.
Alcuni denunciano altresì che etichettare in questo modo i pazienti sia un pregiudizio che può indurre ad errori di valutazione: ci si aspetterebbe infatti che un trauma cranico lieve guarisca bene e che non serva un follow up mentre invece gli studi hanno evidenziato che circa la metà non guarisce entro i 6 mesi o addirittura 12 mesi dalla lesione.
Di contro, i pazienti con trauma cranico grave, da considerarsi con scarsa speranza e per i quali si ritiene giustificato sospendere o limitare il trattamento, hanno dimostrato invece, talvolta, una ripresa significativa. Questi ricercatori ritengono quindi che al GCS, considerato ancora un valido indicatore di gravità clinica, occorra affiancare un approccio multidimensionale basato su una combinazione multifattoriale (ad esempio, imaging, biomarcatori, reattività pupillare) così da descrivere in maniera più accurata e praticabile le condizioni cliniche di un paziente con trauma cranico.
Inoltre, nonostante siano stati compiuti notevoli sforzi per promuovere la formazione sul corretto utilizzo del GCS, gli autori segnalano che nel corso degli anni la sua applicazione sia diventata meno rigorosa e che si siano verificate delle deviazioni dalle procedure raccomandate come ad esempio la non limitazione della valutazione della migliore risposta motoria a quella delle braccia, una variazione sostanziale negli stimoli applicati e la segnalazione del solo punteggio GCS totale. Avvertono quindi che è necessario sostenere una formazione continua per garantire la standardizzazione dell'uso.