L’autonomia universitaria spesso penalizza gli studenti
Negli anni 2000 le Università Italiane hanno subito un radicale cambiamento dovuto alle riforme del Governo Berlusconi e dell’allora Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini (dal 2008 al 2011). La Legge 133 del 6 agosto 2008 ha dato la possibilità agli Atenei che lo volessero (in base alle loro esigenze didattiche e finanziarie) di trasformarsi in Fondazioni di diritto privato. Possono dunque diventare Enti di Diritto pubblico, ma essere condotti in maniera privatistica.
Come risaputo, le Fondazioni possono essere proprietarie di beni, sia immobili che mobili. Possono diventarne azionisti Enti pubblici e privati. Non possono distribuire utili, essedo Enti non commerciali, ma possono muoversi come una normale azienda pubblica.
Una prima Legge che ha provato a riformare le Università Pubbliche risale addirittura all’epoca Fascista. Si tratta della L. n. 1592 del 31 agosto 1933, nata nel pieno Ventennio mussoliniano e ancora in vigore. Con essa si dava vita alla “Approvazione del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore”. Seguirono poi altre Leggi, fino all’ultima del 2010.
Infatti, con la Legge n. 240 del 30 dicembre 2010, relativa alle "Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario", sono state modificate la composizione e le competenze degli organi universitari. La stessa normativa ha introdotto importanti novità, tra le quali nuovi disposizioni sui docenti e sui ricercatori. La riforma, inoltre, conteneva numerose deleghe al governo italiano riguardanti l'emanazione di decreti per attuare i vari aspetti della riforma.
Le Università non pubbliche sono soggette a discipline differenti. In tutti i casi possono rilasciare attestati e diplomi solo ed unicamente se riconosciute dallo Stato Italiano e, quindi, dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR).
In ogni caso tutte le università, siano esse pubbliche o private, vengono intese come delle vere e proprie Istituzioni di alta cultura. A sancirlo è la Costituzione Italiana, che all’articolo 33 recita: “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento; la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi; Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato; la legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali; è prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale; le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.”
Le strutture statali e private convenzionate, in base alla Legge n. 766 del 30 novembre 1973, possono contemporaneamente definirsi:
- Università;
- Istituto Universitario;
- Ateneo;
- Politecnico;
- Istituto d’Istruzione Universitaria.
Fanno eccezione - per scelte specifiche tutelate e condivise dallo Stato Italiano - alcune strutture ad indirizzo teologico: per esempio l’Università Valdese e quella Evangelica.
Chi gestisce le Università?
L’organizzazione universitaria è di natura verticistica. Ecco come è composta:
- Rettore (al vertice, vigila su tutto e garantisce l’autonomia didattica e di ricerca del corpo docente);
- Senato accademico;
- Consiglio di amministrazione (Cda);
- uno o più Dipartimenti Universitari (con i relativi Corsi di Laurea e/o singoli insegnamenti; al loro interno ci sono le Commissioni paritetiche docenti-studenti, i Presidenti dei Corsi di Laurea, i Consigli dei Corsi di Laurea (CCL), il parco docenti e ricercatori, il personale tecnico-amministrativo e il corpo studentesco).
Senato accademico, Cda, strutture didattiche, scientifiche e di servizio sono tutte sottoposte alle direttive del Rettore.
Con l’avvento della Riforma Gelmini le vecchie Facoltà sono state soppresse. Tuttavia, la stessa normativa prevede la possibilità per gli Atenei di creare strutture di raccordo allo scopo di coordinare le varie attività dipartimentali; in esse, denominate Scuole, operano:
- le commissioni paritetiche docenti-studenti;
- i Presidenti dei Corsi di Laurea;
- i Consigli dei Corsi di Laurea (CCL);
- il parco professori docenti e ricercatori;
- il personale tecnico-amministrativo impiegato nell'amministrazione e nelle segreterie amministrative, che gestiscono le carriere degli studenti;
- il corpo studentesco (possibile anche la presenza di Associazioni Studentesche).
Alcuni Atenei possono realizzare al loro interno anche strutture che “sfruttano” la ricerca scientifica per immagazzinare fondi.
Che titoli rilascia l'Università?
I Corsi di Laurea sono essenzialmente suddivisi in:
- Corsi di primo livello (detti anche Lauree Triennali);
- Corsi di secondo livello (Magistrale, ex Specialistica – dopo la Triennale);
- Dottorato di ricerca (PhD);
- Master di primo livello (dopo Triennale);
- Master di secondo livello (dopo Magistrale).
I titoli rilasciati sono i seguenti:
- Laurea (livello base, 180 Crediti Formativi Universitari – CFU – Durata: 3 anni);
- Laurea Magistrale (livello avanzato, 120 CFU – Durata: 2 anni);
- Master primo livello (livello medio-alto, successivo alla Triennale – 60 CFU – Durata: variabile, minimo 12 mesi);
- Master secondo livello (livello alto, successivo alla Magistrale – 60 CFU – Durata: variabile, minimo 12 mesi);
- Dottorato di ricerca (il massimo livello raggiungibile, successivo alla Magistrale - Durata: 3 anni).
Quante Università hanno al loro interno un Corso di Laurea in Infermieristica o in Infermieristica Pediatrica?
In Italia se ne contano 41 (+ 9 di Infermieristica Pediatrica) e sono distribuite su tutto il territorio nazionale. I Corsi di Laurea in Infermieristica, pur facendo riferimento ai dettami del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), hanno organizzazioni autonome e possono essere suddivisi in più poli didattici, con piani formativi identici, ma non per forza uguali. Ecco perché spesso capita di imbattersi in Infermieri che possiedono elementi formativi di base differenti tra loro.
Tutto ciò è dovuto, secondo gli esperti, ad una normativa che permette troppa elasticità organizzativa e che, di fatto, non rende omogenea la formazione infermieristica a livello nazionale.