, dopo le leggi di Norimberga, le leggi razziali e quello che oggi viene chiamata
e sulla figura dell’infermiere. Questo è l’obiettivo che ha guidato il lavoro di tesi di laurea Irene Quintavalle, che oltre alla descrizione minuziosa degli eventi ha
.
Viaggio nel ruolo degli infermieri nella Shoah per capire l'olocausto
Campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau
Non esiste molta documentazione sul tema dell’assistenza sanitaria all’interno dei campi di concentramento e le testimonianze sono ormai rarefatte dato il lungo periodo trascorso. Documento di fondamentale importanza a riguardo è il Rapporto ufficiale di Primo Levi e Leonardo De Benedetti scritto a seguito di una richiesta da parte del Comando russo del campo di Katowice nella primavera del 1945, che descrive l’assistenza sanitaria all’interno del campo di concentramento di Monowitz .
Il precursore dello sterminio è stato il progetto T4 , che ebbe inizio con l’emanazione della Legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie in Germania, che stabiliva la sterilizzazione forzata di persone affette da malattie ereditarie o psichiatriche, oltre che da ogni forma di disabilità. Da qui si estese il progetto di eutanasia Aktion T4 ai campi di concentramento, dove i medici dovevano visitare i malati di mente e i detenuti ebrei e decidere chi eliminare.
Esaminando in particolare la vita nel campo di Monowitz e le problematiche sanitarie , analizzando le strutture ambulatoriali e le disponibilità farmacologiche, con particolare attenzione al personale che lavorava all’interno dell’ospedale. I medici erano gli unici ad avere una certificazione che riconoscesse la loro professione. Gli infermieri e gli assistenti , a differenza dei medici, spesso non possedevano qualifica né competenza, ma venivano reclutati sulla base della robustezza oppure grazie a medici loro amici.
Alla luce dell’importanza del rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e dei principi etici della professione infermieristica mi sono soffermata sui professionisti coinvolti sia nell’operazione T4, sia nelle sterilizzazioni forzate, così come nell’osservare impassibili la morte di molti pazienti per fame e inedia.
In qualità di infermiera, mi risulta difficile chiamare queste persone con lo stesso nome che è scritto sul mio camice. Per questo ho cercato di riflettere sui rapporti tra il personale sanitario , sui meccanismi che potessero in qualche modo “vincolare” coloro che erano considerati infermieri a questo dovere.
L’obbedienza era un valore molto importante in Germania e le infermiere dovevano obbedire alle loro colleghe di grado superiore così come ai medici. Difficilmente si può considerare questa circostanza un’attenuante per aver eseguito gli ordini, ma contribuisce a spiegare le motivazioni di parte degli infermieri.
Tra tutti coloro che obbedirono, spicca la figura di Irena Sendler, l’infermiera che salvò la vita ad oltre 2500 bambini : ottenuto un lasciapassare nel ghetto di Varsavia, per la disinfestazione, in realtà organizza una rete di soccorso procurando cibo, generi di conforto e vestiti, diventando attivista dell’organizzazione segreta “Consiglio per l’aiuto agli Ebrei” (con il nome in codice di Zegota).
Alla decisione dei tedeschi di liquidare il ghetto inizia a trasferire i bambini, vestita da infermiera, nascondendoli nelle ambulanze. Spesso i piccoli vengono addormentati con i sonniferi e rinchiusi in un sacco o in una cassa per passare nella parte ariana, facendo credere agli uomini della Gestapo che si tratti di pazienti morti per tifo. Dopo l’uscita dal ghetto i bambini erano raccolti in centri di assistenza, dove imparano ad adattarsi al nuovo ambiente, e poi assegnati a famiglie, orfanotrofi o conventi. Conservò tutti i dati dei bambini, dei loro genitori biologici e di quelli adottivi. Grazie a lei i bambini hanno potuto rincontrare le proprie famiglie dopo la guerra.
Mi sono infine dedicata ai processi a cui vennero sottoposti i professionisti sanitari . Il processo dei medici nel 1946 a Norimberga e il processo agli infermieri della struttura sanitaria di Obrawalde nel 1965 a Monaco .
Molti studiosi hanno cercato di spiegare come professionisti della salute abbiano potuto convertire la loro etica a questo progetto, snaturando la loro missione: se lo psichiatra Robert Lifton ha pensato a uno sdoppiamento della personalità, lo psicologo Philip Zimbardo ha parlato di “effetto Lucifero” per il quale chi subisce un processo di spersonalizzazione arriva a compiere atti violenti ed impensabili.
La scoperta dei crimini commessi dai medici nei campi di concentramento nazisti determinò una svolta nell’etica medica, ma oggi sono diversi anche i protagonisti. Con gli anni la figura dell’infermiere si è evoluta sino ad arrivare a rispecchiare il suo ruolo odierno, un soggetto attivo, che agisce in prima persona con autonomia di scelta e responsabilità entro una cornice valoriale in cui il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e dei principi etici della professione è condizione essenziale per assistere e perseguire la salute intesa come bene fondamentale del singolo e interesse peculiare della collettività.
Alla luce di quanto scritto in circostanze particolari quali una pandemia e superati i 200 anni dalla nascita della fondatrice della nostra professione, Florence Nightingale, mi sento di dover sottolineare in primo luogo il valore della salute e la necessità di tutelarla con ogni intervento o strumento a disposizione, per assicurare alle persone il diritto alle cure.
Lo stanno dimostrando i miei colleghi nei fatti, in un’emergenza a cui nessuno di noi avrebbe voluto assistere. A questi infermieri, dunque, il cui quotidiano stride così tanto con quello di chi utilizzava il nome “infermiere” per prestarsi a pratiche di morte, va il riconoscimento di un contributo di professionalità, vicinanza e di vita.
Irene Quintavalle - Infermiera