Paralisi di Bell: diagnosi, trattamento e importanza della riabilitazione

Scritto il 30/09/2025
da Chiara Sideri

La paralisi di Bell colpisce improvvisamente la mimica facciale, con implicazioni cliniche e assistenziali rilevanti. Le più recenti evidenze scientifiche confermano il valore di un intervento tempestivo e multidisciplinare.

Una condizione che richiede prontezza clinica

La paralisi di Bell è una neuropatia periferica acuta che interessa il nervo facciale (VII nervo cranico), responsabile della motilità dei muscoli mimici.
Si manifesta con una debolezza improvvisa e unilaterale del volto e rappresenta la causa più comune di paralisi facciale periferica idiopatica.

L’incidenza stimata della paralisi di Bell è di circa 15-30 casi ogni 100mila persone l’anno. Sebbene nella maggior parte dei pazienti la condizione sia idiopatica, la letteratura più recente suggerisce una marcata correlazione con infezioni virali, in particolare con il virus Herpes Simplex di tipo 1 (HSV-1).

L’attivazione del virus latente può indurre infiammazione ed edema all’interno del canale di Falloppio, dove decorre il nervo facciale: la conseguente compressione meccanica altera la conduzione nervosa, determinando debolezza o paralisi dei muscoli mimici. In una quota minore di casi, sono stati segnalati anche altri agenti virali, tra cui Varicella-Zoster ed Epstein-Barr virus, responsabili di forme secondarie o atipiche.

Sintomi e diagnosi

L’esordio è acuto e i sintomi raggiungono il picco entro 72 ore. I segni tipici comprendono:

  • caduta dell’angolo della bocca e asimmetria del sorriso
  • incapacità di chiudere completamente la palpebra (lagoftalmo)
  • scomparsa delle rughe frontali sul lato colpito
  • ridotta lacrimazione e salivazione
  • possibile dolore retroauricolare o parestesie facciali

La diagnosi è essenzialmente clinica, basata sull’anamnesi e sull’esame obiettivo neurologico.
Tuttavia, in presenza di segni atipici o progressione lenta, possono essere indicati approfondimenti come risonanza magnetica (RMN) ed elettromiografia (EMG), utili per escludere altre cause (ictus, neoplasie, sindrome di Ramsay Hunt).

Trattamento e approccio integrato

Il trattamento precoce rappresenta il principale determinante prognostico. Le linee guida internazionali raccomandano l’avvio della terapia con corticosteroidi orali entro 72 ore dall’esordio, poiché riducono l’edema e l’infiammazione del nervo, favorendo un recupero funzionale più rapido e completo.

L’associazione con antivirali (come aciclovir o valaciclovir) può essere presa in considerazione nei casi gravi o in presenza di sospetta coinfezione virale, sebbene le evidenze sull’efficacia combinata restino controverse. È comunque sconsigliato l’uso degli antivirali in monoterapia.

Parallelamente, è fondamentale garantire una adeguata protezione oculare, soprattutto nei pazienti con lagoftalmo: si raccomandano lacrime artificiali, gel lubrificanti, bendaggio oculare notturno e, in caso di cheratite o ulcere corneali, valutazione oculistica specialistica.

Il valore della fisioterapia

La riabilitazione fisioterapica deve essere avviata il prima possibile, in particolare nei casi severi o se il recupero non è completo entro tre mesi.


La fisioterapia specifica mira a:

  • stimolare la conduzione nervosa attraverso tecniche di facilitazione neuromuscolare
  • prevenire le contratture dei muscoli mimici
  • favorire la simmetria facciale e la plasticità corticale
  • ridurre il rischio di sinchinesie (movimenti involontari associati)

Gli interventi includono massaggi decontratturanti, mobilizzazioni passive, esercizi di coordinazione motoria, biofeedback elettromiografico, taping neuromuscolare e terapie fisiche complementari.


L’obiettivo è sostenere il recupero funzionale graduale e migliorare la qualità di vita del paziente.

Gestione assistenziale e supporto educativo

L’infermiere è una delle figure di riferimento nella gestione del paziente con paralisi di Bell, soprattutto nella fase acuta e nel follow-up riabilitativo.

Le priorità assistenziali comprendono:

  • Protezione oculare: il lagoftalmo può esporre a cheratiti o ulcere corneali; è fondamentale istruire il paziente su uso di lacrime artificiali, bendaggio notturno e occlusione palpebrale protettiva
  • Educazione terapeutica: spiegazione del piano di cura, adesione farmacologica, importanza della fisioterapia domiciliare
  • Monitoraggio clinico: valutazione periodica dei progressi, segnalazione di eventuali segni di peggioramento o complicanze
  • Supporto emotivo: il cambiamento dell’immagine corporea può avere impatto psicologico significativo, richiedendo empatia e ascolto attivo

Prognosi e prospettive future

Nella maggior parte dei casi, la paralisi di Bell evolve verso un recupero completo entro 3-6 mesi, soprattutto quando la presa in carico è tempestiva, integrata e multidisciplinare.
Gli esiti migliori si osservano nei pazienti trattati precocemente con corticosteroidi e inseriti in un programma riabilitativo personalizzato, capace di combinare interventi farmacologici, fisioterapici e assistenziali.

Le ricerche più recenti stanno ampliando le prospettive di cura, concentrandosi su:

  • biomarcatori prognostici precoci, per identificare i pazienti a maggior rischio di deficit residui
  • modelli predittivi di outcome, basati su dati clinici e tecniche di imaging avanzato
  • nuove metodiche di stimolazione neuromuscolare, mirate a potenziare la plasticità e favorire un recupero funzionale più rapido e simmetrico

In questo contesto, un approccio coordinato tra medici, fisioterapisti e infermieri rappresenta il pilastro di un percorso di cura personalizzato, efficace e centrato sulla persona, in cui ogni professionista contribuisce alla continuità assistenziale e al sostegno globale del paziente.