L’ictus cerebrale, al di là della sua eziologia, può colpire utenti di tutte le età. Esso è correlato il più delle volte al pregresso stile di vita del paziente e può dare origine a gravi deficit nella vasta area neurologica. Chi ne è colpito, e ne è sopravvissuto, da quel momento in poi inizia una fase diversa della sua vita: una lunga riabilitazione, una terapia cronica e un apporto psicologico costante. L’assistenza dell’Infermiere si rivela spesso indispensabile per la gestione di utenti post-ictus. Scopriamo perché.

L’ictus può creare vari deficit neurologici, spesso irreversibili.

L’ictus cerebrale è la repentina conseguenza di una compromissione del rifornimento di sangue al cervello che, provocando la morte di cellule neuronali, causa una grande varietà di deficit neurologici a seconda della localizzazione e dell’ampiezza della lesione.

Il disordine cerebrovascolare che porta all’ictus è principalmente di due tipi: ischemico o emorragico. Nel servizio vedremo cosa, come, quando e perché l’infermiere agisce sul paziente.

L’ictus nello specifico

Seguendo il volume Piani di assistenza infermieristica e documentazione di Lynda Juall Carpenito-Moyet (Casa Editrice Ambrosiana, 2° edizione, Milano, 2015), l’ictus ischemico copre circa l’80% dei casi e consiste nell’occlusione parziale o completa del lume vasale dovuta prevalentemente a placche ateromasiche o trombi conseguenti all’aumento cronico della pressione arteriosa, mentre l’ictus emorragico, che rappresenta il restante 20% dei casi, consiste nello stravaso di sangue nel cervello come conseguenza della rottura di una parete vasale causata da aneurisma, ipertensione e/o malformazioni arterovenose.

Tra i fattori di rischio che possono predisporre ad una sofferenza cerebrale di questa natura, si può operare una distinzione che affianca fattori sui quali si può agire (ipertensione arteriosa, fumo, consumo di alcolici, vita sedentaria, dieta ipercalorica, uso di sostanze stupefacenti) a fattori che vanno tenuti in considerazione a seconda dei casi (ad esempio età, sesso, malformazioni arterovenose, predisposizione genetica, stato di gravidanza, cardiopatie).

L’ictus comporta una serie di deficit che vanno ad incidere in maniera significativa sulla vita della persona poiché si tratta di danni irreversibili che spaziano da deficit motori come formicolii a volto, braccio o gamba, riduzione della capacità di movimento di un emisoma (emiparesi) o assenza completa di movimento di una parte del corpo (emiplegia), mancanza di coordinazione muscolare in associazione a vertigini e perdita di equilibrio, difficoltà nella deglutizione, confusione mentale, disturbi motori del linguaggio o perdita della capacità di produrre o comprendere il linguaggio, disturbi della vista come la perdita di metà del campo visivo o visione sdoppiata.

Può accadere che l’attacco di sofferenza neurologica sia improvviso e breve in seguito ad un’interruzione transitoria del flusso sanguigno cerebrale; in tal caso si parla di Attacco Ischemico Transitorio (TIA) caratterizzato dalla transitorietà anche dei sintomi. Essi, infatti, scompaiono entro un’ora o entro un giorno dall’effettivo verificarsi dell’evento di sofferenza neurologica.

Il ruolo dell’infermiere nell’assistenza al paziente con ictus

L’infermiere è responsabile dell’assistenza generale infermieristica e di fronte ad un paziente colpito da ictus che dopo la stabilizzazione della sua condizione clinica ad opera dell’unità operativa d’emergenza viene trasferito nell’Unità Operativa di Geriatria, ha la responsabilità di prendere in carico l’utente. Dopo aver acquisito i dati anagrafici necessari al ricovero del paziente, l’infermiere procede ad effettuare l’accertamento infermieristico per delineare le condizioni dello stesso al momento dell’ingresso in reparto.

L’infermiere rileva i parametri vitali, quali:

  1. pressione arteriosa;
  2. saturazione;
  3. frequenza cardiaca;
  4. frequenza respiratoria e qualità del respiro;
  5. temperatura corporea.

Con l’utilizzo di scale validate e contestualizzate e, ove possibile, con la collaborazione del paziente, valuta la presenza di dolore, con relative caratteristiche, localizzazione e intensità, così come accerterà il livello di ansia che affligge la persona.

In presenza di un paziente con pregresso ictus, l’infermiere valuterà:

  1. lo status neurologico del soggetto avvalendosi, nuovamente, di scale validate; molto utilizzata, ad esempio, è la Glasgow Coma Scale che, indagando la risposta oculare, verbale e motoria, permette di sondare le abilità residue del paziente;
  2. il grado di decadimento cognitivo del paziente, utilizzando ad esempio la Mini Mental State Examination (MMSE);
  3. il rischio di caduta da valutare, ad esempio, con la Scala Conley.

L’infermiere, dunque, accerterà:

  1. lo stato degli occhi del paziente, le caratteristiche delle pupille e la loro reattività alla luce;
  2. la risposta verbale e/o motoria a semplici comandi verbali;
  3. il livello di compromissione della marcia e della mobilità, il deterioramento della capacità di giudizio, il livello di agitazione, il decadimento dell’acuità visiva.

Responsabilità dell’infermiere è anche quella di accertare la presenza di:

  1. eventuali patologie già in essere nel paziente;
  2. terapie assunte a domicilio;
  3. allergie o intolleranze alimentari;
  4. l’eventuale presenza di edemi, lesioni, contusioni o arrossamenti della cute (Scala di Braden). 

L’accertamento infermieristico, inoltre, mira ad indagare lo stile di vita del paziente al fine di conoscere le sue abitudini alimentari (con tanto di misurazione dell’indice di massa corporea – BMI) e di eliminazione, la sua occupazione e le caratteristiche del nucleo socio-familiare in cui è calato, l’eventuale utilizzo di ausili oculistici, auricolari, per la deambulazione o per l’incontinenza urinaria e/o fecale. Tutto questo per accertare i livelli di autonomia nelle attività di vita quotidiana precedenti all’attacco di sofferenza neurologica (Scala di Barthel).

Occorre ricordarsi anche che è utile stilare una lista degli effetti personali dell’utente.

Quella dell’accertamento è solo la prima fase del processo di assistenza infermieristica che, come passaggio successivo, prevede un’attenta analisi incrociata dei dati raccolti attraverso l’accertamento, con la collaborazione del paziente e, se presente, con quella di un caregiver; analisi dei dati che porta alla formulazione di un piano assistenziale tarato sulla singola persona.

Diagnostica

Il professionista infermiere identifica e conosce il materiale da preparare per effettuare le principali indagini diagnostiche che il medico potrebbe prescrivere nel caso di un paziente con ictus:

  • esami ematici (emocromo, PT, PTT, elettroliti, ecc.);
  • TC; 3 – RM; 4 – RX;
  • angiografia intracranica;
  • EEG;
  • ECG;
  • ecodoppler tronchi sovraortici.

Piano assistenziale standard

Un piano assistenziale secondo il modello bifocale Carpenito prevede la formulazione, in completa autonomia da parte del professionista infermiere, di Diagnosi Infermieristiche con relativi obiettivi, la pianificazione e attuazione degli interventi volti al raggiungimento degli stessi ed un sistema di valutazione in itinere per monitorare la risposta del paziente all’erogazione dell’assistenza.

L’altra parte del piano assistenziale è costituita dai Problemi Collaborativi, ovvero complicanze potenziali che si stanno verificando o potrebbero verificarsi rispetto ad una determinata patologia. In questo caso l’infermiere ha un ruolo “collaborativo” nei confronti del medico e di altri professionisti della salute coinvolti nel pieno rispetto delle reciproche competenze, ovvero contribuisce a monitorare il paziente, ad individuare eventuali segni e sintomi di complicanze e ad attuare gli interventi per riportare le condizioni cliniche dell’assistito alla stabilità.