I numeri della Giornata nazionale contro la violenza sui sanitari
A partire dal 12 marzo 2022 si celebra ogni anno in questa data la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari. Istituita il 27 gennaio 2022 dall'allora ministro della Salute, Roberto Speranza – di concerto con il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e il ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa – con il decreto che indice l’appuntamento (previsto dalla Legge n. 113 del 14 agosto 2020) nell’ambito del quale le Amministrazioni pubbliche, anche coordinandosi con gli enti e gli organismi preposti, organizzano una serie di iniziative di comunicazione per evidenziare l’importanza di diffondere una sana cultura di educazione e rispetto, che condanni ogni forma di violenza nei confronti dei sanitari.
Più infortunate le operatrici sanitarie
Numeri che rendono meglio di ogni parola la portata del problema. Come rileva la Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, nel 2022 i casi sono aumentati del 14%. Nel 2022 sono stati registrati 2.243 casi di infortunio in occasione di lavoro accertati positivamente dall’Inail e codificati come violenze, aggressioni, minacce e similari perpetrate nei confronti del personale sanitario (in aumento del 14% sul 2021): 1.584 per le donne (+15%) e 659 per gli uomini (+12%).
La maggior parte degli infortuni è dovuta alla violenza esercitata da persone esterne all’azienda (reazioni da parte dei pazienti o dei loro familiari) e, in minor misura, a liti e incomprensioni tra colleghi. Nell’intero triennio 2020-2022 sono stati circa seimila i casi di violenza nella sanità e assistenza sociale, con un’incidenza del 41% rispetto a tutti quelli registrati nello stesso periodo tra i lavoratori dell’Industria e dei servizi. Circa il 70% degli infortuni del settore ha riguardato le donne, mentre per entrambi i generi si rileva che il 39% dei casi interessa personale socio-sanitario tra i 50 e i 64 anni (per le donne la quota sale al 40%), poco più del 36% tra i 35 e i 49 anni, il 23% fino a 34 anni e l’1% oltre i 64 anni.
Infermieri e Oss le categorie più colpite
Tecnici della salute: questa la categoria più colpita. Sono infermieri e operatori socio-sanitari a registrare il maggior numero di infortuni, sia per la componente femminile (con incidenze rispettivamente del 25% e 31%) che per quella maschile (39% e 19%).
Oltre la metà dei casi riconosciuti dall’Istituto riguarda il settore “assistenza sanitaria” (ospedali, case di cura, istituti, cliniche e policlinici universitari, servizi degli studi medici e odontoiatrici, laboratori di analisi cliniche, ecc.), il 31,6% i servizi di “assistenza sociale residenziale” (soprattutto strutture di assistenza infermieristica, case di riposo e strutture per disabili) e il restante 16,5% il comparto “assistenza sociale non residenziale”. La categoria dei tecnici della salute è quella più coinvolta in violenze e aggressioni, con circa il 41% del totale, seguita dalle professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali (27%) e da quella dei servizi personali e assimilati (13%). Più distaccata, con il 3,5% dei casi di aggressione in sanità, la categoria dei “medici”, che non include nell’obbligo assicurativo Inail i sanitari generici di base e i liberi professionisti.
L’identikit di aggredito e aggressore
L’indagine qualitativa della Sovrintendenza sanitaria centrale ha consentito di realizzare un identikit principale della vittima e dell’aggressore, in rapporto all’evento infortunistico che è stato denunciato e riconosciuto come infortunio di competenza dell’Istituto: l’operatore sanitario aggredito è donna, di età compresa tra 51 e 60 anni, di nazionalità italiana, vive in Lombardia o Emilia Romagna, lavora come operatore socio-sanitario o infermiera in struttura ospedaliera o in Rsa, prevalentemente in ambito psichiatrico o dell’emergenza/urgenza, ha subito violenza fisica, colpita con pugni o calci o con afferramento, ha riportato contusioni con assenza per malattia mediamente di 22 giorni e, nella quasi totalità dei casi, menomazioni micropermanenti valutate fino al 5%.
Un ulteriore identikit dell’aggredito è quello dell’educatore professionale che opera in strutture diverse come gli istituti scolastici, le comunità socio-educative e le case circondariali, che rappresenta la terza figura maggiormente oggetto di episodi di violenza. L’aggressore, invece, è una persona assistita affetta da disabilità intellettiva o psichica o in stato di agitazione.