A quale libero professionista non è mai capitato di contrattare un prezzo, di trovarsi di fronte a un cliente che chiedeva di avere uno sconto? Probabilmente a nessuno. Solo che, quando in ballo c'è una vita, trovare il giusto compromesso tra domanda e offerta diventa più complicato.

Io, oss libero professionista e gli sconti sulle tariffe

Rita è un'oss libero professionista

Rita, operatrice socio sanitaria, da circa sei mesi lavora a domicilio in un quartiere popolare della provincia di Milano. Da subito, tra lei e la sua assistita, Maria, una donna di 84 anni che soffre di una malattia neurologica degenerativa, si è instaurato un bellissimo rapporto di fiducia. Anche il marito dell'anziana donna, Gino, si è subito innamorato di Rita. Oss puntuale e precisa, professionale in tutto ciò che fa, Rita è diventata un punto di riferimento per la famiglia che le chiede consiglio per qualsiasi cosa.

Dopo solo il primo mese di lavoro, avendo capito la loro situazione economica, ho abbassato la tariffa da 9 a 8 euro l'ora - spiega -, bensì io arrivi da un paesino della provincia di Milano a circa mezz'ora dall'abitazione della mia paziente e quindi spendo all'incirca 3 euro di benzina al giorno, non me la sono sentita di dire di no a Gino quando mi ha chiesto un piccolo sconto.

Se Rita prende 8 euro l'ora, vuol dire che per due ore di lavoro al giorno moltiplicato per cinque giorni, guadagna 80 euro alla settimana. Meno 3 euro di benzina al giorno, fanno 65 euro. Per fortuna Rita fa altre assistenze.

Gino e Maria prendono una pensione ridicola - racconta -. Hanno sempre lavorato eppure a causa di una truffa che hanno subito da parte di un commercialista, adesso si ritrovano ad avere poco e niente. Vivono nelle case popolari e tutto ciò che serve per curare Maria glielo passa l'Asl. Quando a inizio di quest'anno si è rotta il femore, dopo il ricovero di tre mesi in clinica, le è stata concessa una carrozzina e un deambulatore, ma il Comune le ha detto che non ha fondi per darle anche un letto regolabile con le sponde. Quindi il marito ha preferito lasciare Maria nel letto grande, dove ha meno probabilità di cadere. Per la sua patologia è ovviamente esente dal pagamento dei farmaci, ma per la fisioterapia a domicilio le hanno dato solo 12 ore una tantum da consumare in un mese.

Giorno dopo giorno la donna peggiora e Rita sta vivendo insieme a loro il deteriorarsi delle certezze famigliari. Giusto l'altra mattina - dice l’operatrice socio sanitaria - mi sono trovata di fronte a una situazione triste e per certi versi imbarazzante. Qualche pomeriggio fa, Gino ha portato Maria da un nuovo neurologo per capire se c'era qualche possibilità di recupero. Io sapevo che gli avrebbe detto che le cose andranno solo a peggiorare, ma ho lasciato che lo incontrassero lo stesso. Quando la mattina successiva, Gino disperato mi ha raccontato tutto e mi ha detto che non ce la faceva più, perché avrebbe bisogno di aiuto, ma che il Comune non può darglielo, la figlia ha i suoi problemi economici e che lui non ha abbastanza soldi per prendere qualcuno in casa tutto il giorno, mi sono sentita davvero male. Nel frattempo, Maria, che aveva capito tutto, ha iniziato a piangere esternando la sua paura di rimanere sola. È terrorizzata al pensiero che un giorno il marito si stanchi e la abbandoni. Poi, Gino è uscito e io sono rimasta da sola con lei. Non potete immaginare quante emozioni hanno attraversato il mio cuore.

Da un lato, l'esigenza per Rita, mamma di un bimbo di tre anni, di portare uno stipendio a casa, dall'altra Maria e Gino, abbandonati dalle istituzioni che le chiedono aiuto. Allora che fare? Dopo avere cercato nei loro paraggi senza successo qualche centro ricreativo gratuito per disabili - racconta - ho deciso che sarei andata loro incontro ancora una volta. Ho pensato di aumentare di due ore la mia assistenza per dare la possibilità a Gino di sbrigare le sue faccende e prendere un po' d'aria fuori con gli amici, applicando un ulteriore sconto alla mia tariffa. Mi sono sentita in dovere di farlo, nei confronti di questi due poveri anziani, lasciati soli dallo Stato, ma anche nei confronti della divisa che indosso. Per me chi lavora nel sociale, con persone bisognose, ha un dovere in più rispetto a chi svolge altri lavori. Deve guardare prima di tutto col cuore e pensare che un giorno anche lui o lei potrà trovarsi nella stessa situazione.

Ed è questo che Rita vorrà insegnare un giorno a suo figlio:

una professionalità senza umanità non è niente