Quella dell’infermiere e quella del musicoterapeuta sono professioni che, pur utilizzando approcci e metodi differenti, hanno obiettivi comuni. Secondo il profilo professionale dell’infermiere del 1994, infatti, l’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa, la musicoterapia, d’altro canto, è un processo (…) in cui il terapista aiuta il paziente a migliorare, mantenere o recuperare uno stato di benessere, utilizzando delle esperienze musicali e le relazioni che si sviluppano per mezzo di esse come forze dinamiche di cambiamento (Bruscia, 2001).

Se la musica entra nella pratica infermieristica

La musica è essa stessa terapia

Nel 1994, la musicoterapia è stata introdotta nella pratica infermieristica e classificata come prestazione d’opera rimborsabile sotto beneficio, secondo programmi di ospedalizzazione appositi (Partial Hospitalization Programs, Php).

Il nostro corpo percepisce e risponde a ciò che sentiamo. Come?

Ogni musica ha un’influenza differente in base al genere, all’armonia, al ritmo e agli strumenti utilizzati. Chi di voi non ha una canzone legata a un ricordo?

Sentiamo un suono quando il timpano dell’orecchio viene eccitato da vibrazioni provocate da un’onda di pressione avente caratteristiche fisiche ben definite ma, nonostante la fonte sonora sia la stessa, non tutti sentiamo alla stessa maniera: l’elaborazione del suono avviene anche a livello psichico, quanto più intenso è il suono, tanto più agisce nel nostro essere.

Suoni acuti che possono dare un senso di gioia, suoni gravi di tristezza. Abbiamo bisogno della colonna sonora che faccia da sottofondo alla vita, di riempire i momenti di musica ma anche di silenzio, di pause musicali; incorniciare i momenti in frammenti armoniosi che restano lì, pronti per essere riascoltati nel tempo.

Il rapporto tra musicoterapeuta e paziente mira alla realizzazione di un dialogo sonoro in cui il loro Iso - identità sonoro musicale - trova spazio. Il paziente viene accolto, ascoltato, contenuto, reso libero di esprimersi.

Il musicoterapeuta gestisce l’ascolto e l’espressione dei codici della comunicazione non verbale (Benenzon, 2006), decide il setting, “la scena”, uno spazio strutturato in cui avverrà la relazione terapeutica, e il Gos, gruppo operativo strumentale, l’insieme degli strumenti sonoro-musicali che potranno essere adoperati.

Musicoterapia le 5 nuove evidenze scientifiche sui benefici della

Dal 1980 l’indagine scientifica ha focalizzato l’attenzione sugli effetti della musica sul corpo; dai primi studi è apparso evidente come la musica influenzasse la pressione e il battito cardiaco.

Avete sentito sicuramente parlare dell’Effetto Mozart, la teoria più famosa ipotizzata da Rauscher e Shaw secondo cui l’ascolto della sonata in Re maggiore per due pianoforti (KV 448) di Mozart, avrebbe la capacità di migliorare le risorse intellettive di un soggetto esposto a un ripetuto ascolto.

Le ricerche sono continuate nel corso degli anni e l’esperienza clinica ha dimostrato che la musica può essere applicata in differenti ambiti clinici per:

  • trattare l’ansia in pazienti sottoposti a ventilazione meccanica, ricoverati in terapia intensiva (Lee, marzo 2017);
  • alleviare l’ansia nei pazienti che ricevono l’anestesia spinale (Lee, aprile 2017);
  • diminuire l’ansia degli studenti infermieri alle prese con la prima esperienza pratica, sul campo (Ince, maggio 2017);
  • gestire l’ansia, l’insonnia e la paura nei pazienti critici (Meghani, luglio 2017);
  • stimolare i sensi dei pazienti con demenza (Legere, agosto 2017).

Se la musica è nelle tue corde, in Italia hai la possibilità di scegliere tra uno dei tanti master di I livello oppure accedere a corsi di specializzazione o scuole di durata triennale/quadriennale, talvolta è richiesta una competenza musicale di base, in altri casi, invece, anche la sola laurea triennale in campo sanitario.