Antibiotic stewardship 2025: l’infermiere al centro della lotta alla resistenza antimicrobica 


Scritto il 17/11/2025
da Chiara Sideri

Gli antibiotici hanno cambiato la storia della medicina, rendendo curabili malattie un tempo letali. Ma oggi quella conquista è in pericolo. Ogni giorno, nel mondo, un’infezione su sei è causata da batteri resistenti ai farmaci: un dato che incrina le certezze della medicina moderna. Dietro la sigla AMR (resistenza antimicrobica) si cela una pandemia silenziosa che l’Oms colloca tra le dieci maggiori minacce per la salute globale. In questa sfida, l’infermiere è in prima linea: professionista di prossimità, sentinella clinica e custode consapevole della terapia antibiotica.

Un problema mondiale

L'antibiotico resistenza è una pandemia silenziosa che l’Oms colloca tra le dieci maggiori minacce per la salute globale

Secondo il nuovo Global Antibiotic Resistance Surveillance Report 2025 dell’Oms, la resistenza ai farmaci salvavita ha raggiunto livelli “criticamente alti e in aumento”, con le disuguaglianze più marcate nei Paesi a risorse limitate.


Nel solo 2023, un’infezione urinaria su tre e una sepsi su sei nel mondo sono state causate da batteri resistenti agli antibiotici.

A preoccupare maggiormente sono le forme multiresistenti di Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae e Acinetobacter spp., ormai capaci di sopravvivere anche ai carbapenemi, farmaci considerati di ultima linea.
La resistenza ai fluorochinoloni ha raggiunto punte del 75% in alcune aree dell’Asia, mentre la meticillino-resistenza di Staphylococcus aureus (MRSA) resta stabilmente elevata, responsabile di circa un caso su quattro di sepsi a livello globale.

Dietro questi numeri si nasconde molto più di una sfida microbiologica: più fallimenti terapeutici, degenze più lunghe, costi più elevati e tassi di mortalità crescenti.
L’era post-antibiotica non è più un’ipotesi lontana, ma un rischio concreto che chiama la sanità mondiale, e chi la abita ogni giorno, a un cambio di passo deciso.

I progressi del PNCAR e il nodo della formazione

Anche nel nostro Paese la resistenza antimicrobica resta una criticità strutturale.
Secondo l’ultimo rapporto AIFA, nel 2023 il consumo di antibiotici sistemici ha raggiunto 22,4 dosi giornaliere definite ogni 1.000 abitanti, un valore ancora superiore alla media europea. L’uso inappropriato, soprattutto nelle infezioni respiratorie e in ambito territoriale, continua a rappresentare uno dei principali fattori di rischio per l’espansione dell’AMR.

Il Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR 2022-2025) segna un passo importante verso una governance più integrata.
L’obiettivo è ambizioso: ridurre del 10% la mortalità correlata all’AMR entro il 2030, promuovendo un approccio One Health che unisca salute umana, veterinaria e ambiente in un’unica rete di sorveglianza, prevenzione e uso prudente degli antibiotici.

Ma nessuna strategia può funzionare senza le persone che la rendono reale.
L’infermiere è il motore operativo del PNCAR, presente in ogni fase della antimicrobial stewardship:
dalla prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, alla corretta somministrazione dei farmaci, fino all’educazione terapeutica del paziente e della famiglia.
Formazione, consapevolezza e responsabilità professionale diventano così gli strumenti più potenti per trasformare la strategia nazionale in una pratica quotidiana efficace.

L’infermiere come “antibiotic steward”

Una recente revisione della letteratura scientifica ha evidenziato come il coinvolgimento attivo degli infermieri nei programmi di stewardship antibiotica contribuisca in modo significativo a migliorare la qualità dell’assistenza, ottimizzare l’uso dei farmaci e ridurre il ricorso inappropriato agli antibiotici.

La partecipazione infermieristica, infatti, si traduce in un controllo più attento dei tempi e delle modalità di somministrazione, in una comunicazione più efficace con il team multidisciplinare e in una maggiore aderenza ai protocolli basati su evidenze.
Non si tratta solo di “eseguire” una terapia, ma di governarla.

L’infermiere è il professionista che:

  • osserva il paziente e riconosce precocemente segni di inefficacia;
  • assicura la corretta raccolta dei campioni microbiologici, condizione indispensabile per un antibiogramma attendibile;
  • monitora tempi e vie di somministrazione, gestendo infusioni, compatibilità e risciacqui;
  • collabora al “time-out antibiotico”, rivalutando con il team la necessità di proseguire, modificare o sospendere il trattamento;
  • sostiene il paziente con educazione terapeutica, spiegando perché gli antibiotici non vanno interrotti, né assunti “per sicurezza”.

Competenza, consapevolezza e cultura

Un’indagine nazionale condotta su oltre 1.600 infermieri italiani (ARIC Journal, 2025) ha mostrato che solo una parte dei professionisti possiede una conoscenza completa dei principi e delle pratiche di antimicrobial stewardship, mentre la domanda di formazione strutturata e continuativa è in forte crescita.

La stewardship non è un progetto a sé stante, ma un approccio culturale all’assistenza: significa riconoscere ogni antibiotico come una risorsa limitata, da preservare attraverso decisioni cliniche ponderate e basate su evidenze.

Investire nella formazione infermieristica, dai meccanismi di resistenza alla farmacocinetica, dalle interazioni tra farmaci alla gestione delle infezioni correlate all’assistenza (ICA), è la condizione necessaria per trasformare ogni infermiere in un attore consapevole del cambiamento, capace di coniugare sicurezza, appropriatezza e sostenibilità.

Dalla prevenzione all’azione

La lotta alla resistenza antimicrobica si vince nei gesti quotidiani, nei comportamenti coerenti e nelle scelte consapevoli che ogni professionista compie in reparto. La stewardship, infatti, non si traduce solo in protocolli o linee guida, ma in pratiche cliniche concrete che, se applicate con continuità, hanno un impatto reale sulla sicurezza del paziente e sull’efficacia delle terapie.

1. Igiene e sorveglianza: la prima linea di difesa

L’igiene delle mani rimane la misura più efficace per prevenire la diffusione dei microrganismi multiresistenti. Ogni mancato lavaggio rappresenta un’occasione di trasmissione evitabile.
Accanto alla detersione, il monitoraggio costante dei tassi di infezioni correlate all’assistenza (ICA) consente di individuare precocemente eventuali focolai e attivare interventi mirati.

2. Cateteri e dispositivi: gestire bene per prevenire meglio

Cateteri venosi centrali, vescicali e presidi di ventilazione meccanica sono strumenti indispensabili, ma anche potenziali porte d’ingresso per le infezioni.
L’infermiere, applicando rigorosamente le procedure di inserimento, mantenimento e rimozione, può ridurre in modo significativo l’incidenza di CLABSI, CAUTI e VAP, limitando così la necessità di ricorrere ad antibiotici empirici.

3. IV-to-PO switch: dal “fare” al “decidere”

Trasformare una terapia endovenosa in orale, quando le condizioni cliniche lo consentono, non è solo una questione logistica: è una scelta di stewardship.
L’IV-to-PO switch riduce complicanze da accessi venosi, degenze e costi, migliorando la qualità di vita del paziente. L’infermiere, grazie alla sua prossimità assistenziale, è nella posizione ideale per proporre e monitorare questo passaggio.

4. Comunicazione ed educazione: curare anche con le parole

Spiegare al paziente perché un antibiotico non è sempre necessario o perché la terapia deve essere completata fino all’ultima dose è un atto di prevenzione tanto quanto la somministrazione stessa.
Un paziente informato aderisce meglio alle cure e diventa parte attiva nella riduzione dell’uso inappropriato degli antibiotici.

5. Multidisciplinarità: la forza del lavoro di squadra

La stewardship antibiotica è un gioco di squadra. Infermieri, medici infettivologi, farmacisti e microbiologi condividono obiettivi, dati e decisioni.
La presenza dell’infermiere nei team AMS garantisce una visione più completa del percorso clinico, integrando il dato tecnico con la dimensione assistenziale. È in questa collaborazione che si crea il “circuito virtuoso” dell’uso appropriato degli antibiotici.

Un futuro da costruire insieme

La Antimicrobics Week 2025 ci ricorda che la resistenza ai farmaci non è una minaccia lontana, ma una realtà che attraversa ogni livello dell’assistenza: ospedali, ambulatori, RSA e territorio.
Non è “un problema degli altri”, ma una responsabilità condivisa che si gioca nei piccoli gesti quotidiani.

Ogni azione infermieristica, un lavaggio mani in più, una segnalazione tempestiva, un controllo accurato della terapia, un consiglio corretto al paziente, può trasformarsi in un autentico atto di stewardship.
Sono queste le scelte che, sommate, costruiscono la differenza tra resistenza e guarigione.

Come sottolinea l’Oms nel rapporto GLASS 2025:

Sorveglianza, prevenzione e uso responsabile degli antibiotici devono diventare parte della routine, non dell’emergenza.

E in questa routine, l’infermiere rappresenta la prima linea di difesa: la figura che intercetta i segnali clinici, che educa, che dà continuità alla cura.
Preservare l’efficacia degli antibiotici non significa solo proteggere un farmaco, ma difendere il futuro stesso della cura, della medicina e della vita.

Le 5 azioni infermieristiche chiave nella stewardship antibiotica

AmbitoAzioneObiettivo
PrevenzioneApplicare le misure IPC (igiene mani, isolamento, disinfezione)Ridurre le ICA e l’uso empirico di antibiotici
Gestione terapeuticaMonitorare tempi, dosaggi e compatibilitàGarantire efficacia e sicurezza
Rivalutazione clinicaSegnalare precocemente fallimenti o ADREvitare terapie inutili o dannose
Educazione sanitariaInformare paziente e caregiverAumentare l’aderenza e ridurre l’automedicazione
Team workingPartecipare ai comitati AMSIntegrare la prospettiva infermieristica nella governance antibiotica