Più fondi alla sanità, ma senza infermieri l’assistenza resta in affanno

Scritto il 06/11/2025
da Redazione

Nel 2024 la spesa sanitaria ha raggiunto i 185 miliardi di euro, con un incremento del 3,3% rispetto all’anno precedente. Ma quasi 6 milioni di italiani hanno rinunciato a cure o visite per liste d’attesa o costi. L’Italia resta sotto la media europea per numero di infermieri e registra la quota più alta di medici anziani.

Più risorse alla sanità, ma l’accesso alle cure resta difficile

L’Italia resta sotto la media europea per numero di infermieri e registra la quota più alta di medici anziani.

Dall’audizione del presidente Francesco Maria Chelli davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, l’Istat delinea un quadro di crescita disomogenea: aumentano i fondi pubblici destinati al Servizio Sanitario Nazionale, ma permangono squilibri e criticità strutturali.

Nel 2024 la spesa complessiva per la sanità ha toccato i 185,1 miliardi di euro, di cui:

  • 137,5 miliardi (74,3%) finanziati dal settore pubblico
  • 41,3 miliardi (22,3%) sostenuti direttamente dalle famiglie
  • 6,4 miliardi da assicurazioni e regimi volontari

Rispetto al 2023 l’aumento è del 3,3%, ma quasi un italiano su dieci (9,9%) ha rinunciato a visite o esami per liste d’attesa, costi o difficoltà logistiche.
Le rinunce sono cresciute di oltre 1,3 milioni di persone in un solo anno, passando da 4,5 a 5,8 milioni di cittadini.

Medici anziani, carichi di lavoro crescenti

La situazione non è migliore sul fronte medico.
Nel 2023 il 44,2% dei medici italiani aveva più di 55 anni, e oltre uno su cinque superava i 65.
Il numero totale di medici “praticanti” (pubblici e privati) è di circa 320 mila, pari a 5,3 per mille abitanti.


Ma i medici di medicina generale sono in costante diminuzione: 37.983 nel 2023, con il 60% sopra i 60 anni e un aumento costante del numero di assistiti per ciascun professionista.

Questa combinazione di carenza infermieristica e invecchiamento medico rischia di compromettere la tenuta del Ssn, soprattutto nei servizi territoriali e nella medicina di prossimità.

Liste d’attesa e rinunce alle cure

L’indagine Istat “Aspetti della vita quotidiana” fotografa un peggioramento netto rispetto al periodo pre-pandemico.
Nel 2019 la quota di chi rinunciava a una prestazione sanitaria per difficoltà di accesso era sotto il 3%; nel 2024 supera il 6-7% in tutte le aree del Paese.

Le liste d’attesa sono la causa principale (6,8%), ma pesano anche i costi delle prestazioni private e la scarsa disponibilità di strutture in molte regioni del Sud.
Le donne e gli anziani sono i più penalizzati: tra gli over 65, quasi uno su dieci dichiara di aver rinunciato a una visita o a un esame.

La rinuncia alle cure, osserva l’Istat, non è più un fenomeno marginale, ma un indicatore crescente di inequità sanitaria, che rischia di compromettere gli obiettivi di universalità del Ssn.

Cosa cambia e quali sfide restano

L’aumento della spesa pubblica non si traduce ancora in un miglioramento reale dell’accessibilità. La tenuta del Servizio Sanitario Nazionale passa da due fronti potenziare il personale, a partire dagli infermieri e dai medici di famiglia, e ridurre le liste d’attesa con una gestione più efficiente delle risorse.

La sanità italiana investe di più, ma il divario tra Nord e Sud, tra garantiti e rinunciatari, resta profondo. Perché la spesa si trasformi in salute, servono programmazione, riforme organizzative e valorizzazione delle professioni sanitarie.