Chi era l'infermiera ed embriologa britannica, pioniera della FIV
I suoi contributi scientifici furono pubblicamente riconosciuti soltanto nel 2018 con una targa memoriale in cui si recita che Jean Purdy fu la prima infermiera ed embriologa specializzata in fecondazione in vitro al mondo
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Erano passati 40 anni dal suo formidabile lavoro. Sebbene sia stata decisiva e centrale nel dare un grande impulso alla prima procreazione medica assistita, per anni il suo contributo è stato ignorato, nonostante lettere di reclamo inviate alle maggiori società scientifiche e alle Autorità Sanitarie.
Il nome di Jean era stato escluso sin dalla prima targa celebrativa posta al Kershaw's Hospital dove avvenne la prima nascita in provetta. L'amministrazione dell'ospedale ignorò la richiesta di rendere giustizia a tutte le persone coinvolte.
Jean fu pioniera della medicina riproduttiva e del trattamento della fertilità. La sua storia è raccontata nel film drammatico biografico “Joy, the birth of IVF” e in un'opera teatrale, “A Child of science”, entrambi del 2024
Purdy fu responsabile dello sviluppo della fecondazione in vitro insieme a Robert Edwards, biologo e fisiologo, e a Patrick Steptoe, ostetrico e ginecologo pioniere della laparoscopia.
Furono quindi tre i pionieri originali nella fecondazione in vitro e non solo due, come continuò a ribadire il dottor Edwards, unico vincitore del Nobel in quanto anche Steptoe era morto nel 1988 prima del prestigioso conferimento.
I due medici e l'infermiera hanno fondato insieme il primo programma di concepimento tramite Fiv per pazienti sterili, formando altri scienziati nelle loro tecniche. Furono tre visionari anticonformisti che riuscirono a dimostrare al mondo il potere della perseveranza e la meraviglia della scienza.
Ma fu l'infermiera Jean a vedere per prima dividersi le cellule embrionali che portarono alla nascita il 25 luglio 1978 di Louise Joy Brown, la prima bimba nata in provetta. Ebbe un ruolo centrale negli studi di ricerca che portarono a quel parto storico.
Inoltre, poiché i due medici avevano un lavoro a tempo pieno in altre strutture del NHS, era Jean che gestiva il laboratorio: preparava i terreni di coltura, registrava i dati, rassicurava e supportava le pazienti, le informava sulla procedura, somministrava le iniezioni.
Jean si formò per diventare infermiera all'Addenbroke's Hospital di Cambridge, nella sua contea natale. Dopo aver lavorato i primi anni di carriera al Southampton General Hospital, si specializzò in embriologia e fece domanda per un posto di assistente di ricerca per lavorare sul rigetto dei tessuti.
Si trasferì dapprima al Papworth Hospital, dove si stavano eseguendo i primi interventi chirurgici a cuore aperto e poi al Physiological Laboratory di Cambridge per lavorare con Robert Edwards, come tecnico di laboratorio.
L'importanza di Purdy è stata ricordata soltanto dopo la pubblicazione di alcuni articoli di Edwards nel 2010 che resero omaggio all'infermiera, assegnandole il posto che meritava. Fu poi il professor Andrew Steptoe della Royal Society of Biology, figlio di Patrick, a riconoscere pubblicamente il ruolo di Jean nello sviluppo della FIV quando nel 2015 fece incidere il suo nome su una targa blu, un cartello permanente che nel Regno Unito commemora un legame tra un luogo ed una persona famosa fungendo così da indicatore storico.
La Bourn Hall, la prima clinica per la fecondazione in vitro al mondo, nacque perché il National Health Service si rifiutò di sostenere le ricerche, anche dopo la nascita del secondo bambino nato dalla fecondazione in vitro nel 1980. Da quell'anno Jean ne fu direttrice tecnica. È qui che contribuì a trasformare la scienza in un solido trattamento medico. Tra il 1970 e il 1985, anno in cui morì, fu inoltre coautrice di 26 articoli accademici su Nature e The Lancet.
Jean continuò a lavorare anche durante la malattia facendosi assegnare una stanza alla Bourn Hall. Alla sua morte un portavoce della clinica ricordò alla stampa inglese che il suo lavoro era stato immenso ed estremamente influente nel campo dell'embriologia.
È sepolta a Grantchester, nel Cambridgeshire, accanto a sua madre che per motivi religiosi l'aveva ostacolata sin dall'inizio per la sua decisione di occuparsi di concepimento in provetta. Insisteva che facesse soltanto l'infermiera, come tutte le altre. Le ricerche sugli embrioni provocarono in quegli anni una forte indignazione morale generale a tal punto che al trio di ricercatori venivano spesso rifiutati i finanziamenti necessari.
Nonostante i giudizi della madre, per prendersi cura di lei Jean decise di abbandonare il lavoro con Edwards e Steptoe quando ancora cercavano di avere successo con le loro ricerche. Erano gli anni più duri e senza quell'infermiera tanto determinata e preparata, i due medici si videro costretti a rinunciare all'ambizioso e controverso progetto. Fu solo quando tornò, dopo la morte della madre, che la ricerca riprese con rinnovato vigore ed entusiasmo e portò alla prima gravidanza a termine e alla nascita di Joy.
Jean non poteva avere figli. Le era stata diagnosticata una grave forma di endometriosi, confermata da Steptoe. Voleva comunque aiutare le coppie infertili ad averne. Oggi il premio “MRes per la scienza riproduttiva e la salute della donne”, conferito dall'University College di Londra, porta il suo nome.
Sino alla sua prematura scomparsa, Jean sostenne il trattamento di fecondazione in vitro, accettando di non essere riconosciuta. Ed ha visto concepire oltre 500 bambini. Oggi Louise Brown, la prima, porta ancora i fiori sulla tomba di Jean a nome di tutti coloro che dopo di lei hanno beneficiato del suo lavoro, un sogno concepito nel 1968 quando aveva 23 anni ed era già una qualificata infermiera e per prima riconobbe e descrisse la formazione della blastocisti umana precoce, un embrione di otto cellule fuori dal corpo di una donna, che rappresenta una fase fondamentale per la tecnologia delle cellule staminali embrionali.