Il nodo normativo
La Presidenza del Consiglio dei ministri ha infatti chiarito che le prestazioni svolte in pronta disponibilità devono rientrare nella detassazione al 5%.
Il chiarimento di Palazzo Chigi parte da un elemento fondamentale: la relazione tecnica che accompagna la norma non distingue tra diverse tipologie di straordinario, ma considera l’intero monte ore svolto dagli infermieri come un unico aggregato soggetto a detassazione.
Un passaggio che trova riscontro diretto nel Ccnl Comparto Sanità 2019-2021 (al quale la legge fa riferimento):
- Articolo 47: disciplina lo straordinario “in senso generale”, senza differenziare causa o modalità. Il comma 5 precisa che, nel computo dei limiti, rientra anche il richiamo in servizio durante la pronta disponibilità.
- Articolo 44: dedicato alla disciplina della pronta disponibilità. Il comma 6 stabilisce che, in caso di chiamata, le ore effettivamente lavorate sono retribuite come straordinario.
Sommandoli, il principio è chiaro: quando l’infermiere viene chiamato in servizio durante la pronta disponibilità, quell’attività è a tutti gli effetti straordinario, rientrando quindi nel perimetro della detassazione al 5%.
Una conclusione opposta rispetto all’interpretazione iniziale dell’Agenzia delle Entrate.
Gli stipendi tagliati
La questione non è solo tecnica: nelle ultime settimane il personale ha visto tagli pesantissimi in busta paga. Secondo le segnalazioni raccolte dal Nursind, molti infermieri si sono trovati con una retribuzione ridotta “fino a tre quarti”, un impatto economico drammatico per lavoratori che già affrontano turni estenuanti, carenze di organico e responsabilità crescenti.
Un trattamento che il sindacato ha definito «ingiustificabile» e che ora, alla luce del chiarimento ufficiale, appare privo di fondamento.
Cosa succede adesso
La comunicazione della Presidenza del Consiglio ribalta il quadro e impone un passo indietro alle aziende che avevano applicato la ritassazione al 30% sugli straordinari passati.
Il Nursind chiede ora che le Asp procedano immediatamente alla restituzione delle trattenute in busta paga e che sospendano ogni futura operazione legata a un’interpretazione considerata ormai superata.
Il messaggio è chiaro: quelle somme spettano agli infermieri, perché derivano da lavoro aggiuntivo svolto nei reparti, nei servizi territoriali, nelle notti e nei festivi, in condizioni spesso difficili e con organici ridotti.
Una vicenda che apre una questione più ampia
Oltre all’aspetto fiscale, il caso accende i riflettori su un tema più profondo: la fragilità delle condizioni economiche degli infermieri italiani.
Basta un errore interpretativo per togliere centinaia di euro dalla retribuzione mensile a professionisti che garantiscono la tenuta del sistema sanitario, spesso senza adeguato riconoscimento economico.
Il chiarimento di Palazzo Chigi ristabilisce il diritto, ma evidenzia anche quanto sia urgente una gestione più attenta e uniforme delle norme che riguardano il personale sanitario.