Sanità, rapporto Ocse 2025: in Italia mancano infermieri

Scritto il 14/11/2025
da Redazione

Il nuovo rapporto Health at a Glance 2025 dell’Ocse conferma con chiarezza ciò che in Italia gli operatori sanitari ripetono da anni: il problema non è la mancanza di medici, ma la carenza drammatica di infermieri. Una carenza che non accenna a diminuire e che, anzi, rischia di aggravarsi nei prossimi anni se non si interverrà su formazione, stipendi e condizioni di lavoro.

La vera falla del sistema sanitario italiano

Il nuovo rapporto Health at a Glance 2025 dell’Ocse evidenzia una carenza strutturale di infermieri in Italia.

La fotografia scattata dall’Ocse mostra un paradosso tutto italiano: abbiamo una delle più alte densità di medici d’Europa, ma continuiamo ad avere troppo pochi infermieri rispetto ai bisogni della popolazione.

Negli ultimi dieci anni, in tutti i Paesi Ocse l'occupazione sanitaria è cresciuta molto più che negli altri settori economici: oggi un lavoratore su undici opera in sanità o assistenza sociale. In questo mondo in rapida espansione, gli infermieri rappresentano di gran lunga la componente più numerosa.

Eppure, in Italia il rapporto medico/infermiere resta sbilanciato: i medici non mancano, mancano invece gli infermieri che dovrebbero affiancarli nei reparti, sul territorio, nelle RSA, nei servizi domiciliari.

Un personale sempre più anziano

Il rapporto Ocse aggiunge un ulteriore elemento di preoccupazione. In molti Paesi, Italia compresa, il personale sanitario sta invecchiando rapidamente.


Un medico su tre ha oltre 55 anni. Nel nostro Paese, più del 20% ha addirittura superato i 65 anni: uno dei valori più alti in assoluto.

L’ondata di pensionamenti prevista per i prossimi cinque-dieci anni potrebbe essere devastante se non si rafforza parallelamente la componente infermieristica.
Senza nuovi ruoli, senza una ridistribuzione delle attività e senza un potenziamento del territorio, il rischio è di continuare a “sprecare” medici per compiti che altrove sono affidati agli infermieri.

L’Italia è l’unico Paese Ocse che perde infermieri

Forse il dato più preoccupante del rapporto riguarda la formazione.
Dal 2013 al 2023, nei Paesi Ocse il numero di nuovi infermieri è aumentato in modo costante.

In Italia, al contrario, il numero dei laureati in infermieristica è calato del 20% in dieci anni.
Non perché manchino i posti, ma perché diminuiscono i candidati ai test, aumentano gli abbandoni durante il percorso, cresce la percezione di una professione faticosa, mal retribuita e poco valorizzata.

Se questa tendenza non cambierà, l’Italia rischia di ritrovarsi con più medici che infermieri, un modello insostenibile per la sanità del futuro.

Il futuro della sanità passa dagli infermieri

Il rapporto Ocse non si limita a lanciare un allarme, ma suggerisce con chiarezza la direzione da prendere. I dati mostrano che la sanità italiana non può più permettersi di considerare gli infermieri una risorsa “accessoria”: sono il fulcro dell’assistenza, la componente che determina davvero la qualità percepita dai cittadini, la continuità delle cure e la tenuta del sistema nei momenti di crisi.

Oggi, però, l’Italia si trova davanti a un bivio. Da un lato, un corpo professionale che invecchia, si assottiglia e guarda con crescente interesse all’estero; dall’altro, una domanda di salute che cresce con la stessa velocità con cui aumentano le cronicità e l’età media della popolazione. Non è una semplice questione numerica: è il modello stesso di sanità che rischia di incepparsi se non si riequilibra il rapporto tra medici e infermieri, se non si valorizzano competenze che altrove sono già pienamente integrate nella pratica avanzata e nel territorio.