Un fenomeno globale, ma in Italia assume proporzioni critiche
aggressioni infermieri in italia
La violenza contro gli operatori sanitari non è un problema italiano: secondo l’Oms, tra l’8% e il 38% dei professionisti nel mondo subisce almeno un episodio fisico nel corso della carriera, mentre la European Federation of Nurses Associations segnala che gli infermieri hanno un rischio fino a 16 volte superiore rispetto ad altre categorie lavorative.
Anche in Europa la tendenza è chiara: un infermiere su cinque riferisce aggressioni nell’ultimo anno, con i tassi più elevati in Italia, Regno Unito e Francia.
Negli Stati Uniti quasi metà degli atti violenti sul lavoro avviene in sanità, mentre in Canada nove infermieri su dieci riferiscono minacce o insulti nei dodici mesi precedenti. In questo scenario, il dato italiano desta particolare allarme: la frequenza relativa degli episodi, rapportata al numero di operatori, è tra le più alte del continente.
Un'emergenza nell'emergenza
Il dato italiano è amplificato dal peso del sommerso. OMS ed EFN stimano che solo un terzo delle aggressioni viene denunciato in Europa, con quote variabili dal 40% al 90% a seconda delle aree.
Nei Paesi mediterranei, Italia inclusa, la propensione alla denuncia è tra le più basse: nel nostro Paese solo un caso su 25 viene formalmente segnalato.
I motivi sono molteplici:
- paura di ripercussioni o di esposizione mediatica
- sfiducia nella possibilità di essere tutelati
- mancanza di protocolli chiari
- peso psicologico di rivivere un trauma
Quando i dati ufficiali vengono ricalcolati sulla base del sommerso, l’incidenza italiana risulta la più elevata in Europa: un indicatore critico dello stato in cui versano pronto soccorso e reparti ad alta pressione.
Pronto soccorso sotto stress
La lettura del fenomeno è strettamente legata alla crisi dei servizi di emergenza.
Il Nursing Up denuncia un quadro di sovraffollamento, attese interminabili e carenza di personale, condizioni che amplificano tensione e aggressività. Il sistema territoriale, indebolito nel corso degli anni, non filtra più la domanda di assistenza, e il pronto soccorso diventa l’unico punto di accesso.
L’associazione sottolinea come le misure finora adottate — aggravanti penali, sperimentazioni di bodycam, protocolli isolati — abbiano inciso poco sulla realtà quotidiana degli operatori, spesso lasciati senza vigilanza fissa e senza un modello nazionale di prevenzione.
In alcuni casi si è arrivati a soluzioni estreme: vigilanza armata, percorsi di accesso blindati e minacce di morte agli operatori durante i turni. Segnali di un sistema che non riesce più a proteggere chi lavora in prima linea.
Un decennio di interventi mancati
Secondo De Palma, presidente del Nursing Up, la politica ha affrontato il tema con approcci frammentari: leggi simboliche, campagne sporadiche e protocolli mai realmente attuati.
Le radici del problema, invece, restano immutate: carenza cronica di organici, turni massacranti, condizioni di stress organizzativo e un territorio non più in grado di intercettare bisogni e fragilità.
La richiesta del sindacato è chiara: meno provvedimenti emergenziali, più misure strutturali.