Salute, per chi? Le disuguaglianze che ancora ci separano
Scritto il 20/10/2025
da Carmela Martella, Silvio Quirini
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) è stata una delle prime a battersi perché la salute fosse considerata un diritto per tutti. Essere in salute non significa solo non avere malattie, ma stare bene sia fisicamente che mentalmente che socialmente. In altre parole, l'Oms crede che chiunque, a prescindere da chi è o da dove viene, debba avere la possibilità di stare il più in forma possibile. In Italia, il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha gli stessi ideali: vuole che tutti abbiano accesso alle cure (universalità), che vengano trattati allo stesso modo (uguaglianza) e che chi ha più bisogno sia aiutato (equità). Nonostante questi principi, però, diversi studi dimostrano che nella realtà ci sono ancora forti disuguaglianze che impediscono a tutti di avere le stesse opportunità di salute.
Disuguaglianze sociali e determinanti della salute
Le disuguaglianze geografiche in salute in Italia sono un fenomeno strutturale che riflette disparità storiche, economiche e sociali tra le diverse regioni.
Le disuguaglianze di salute non nascono da differenze biologiche o da meri fattori individuali, ma da condizioni sociali e strutturali che determinano l'esposizione al rischio, la vulnerabilità alle malattie e le opportunità di accesso ai servizi sanitari.
A livello internazionale, si parla di determinanti sociali della salute per descrivere l’insieme dei fattori economici, ambientali, culturali e politici che influenzano in modo diretto o indiretto lo stato di salute di un individuo o di una popolazione (Commission on Social Determinants of Health, WHO, 2008).
I principali determinanti sociali riconosciuti includono:
il reddito e le risorse economiche
il livello di istruzione
l'occupazione e le condizioni di lavoro
l’ambiente fisico e abitativo
la coesione sociale e il supporto della comunità
Il genere, l’etnia e lo status migratorio
l’accesso a servizi pubblici e welfare
Le evidenze dimostrano che esiste un gradiente sociale della salute: a ogni livello decrescente della scala socioeconomica corrisponde: un peggioramento delle condizioni di salute, un incremento della mortalità prematura e un rischio maggiore di malattie croniche come diabete, patologie cardiovascolari, tumori e disturbi mentali (Marmot et al., 2010), una minore opportunità di prevenzione, un minore accesso alle cure specialistiche e una ridotta aspettativa di vita.
Dette disuguaglianze non solo si riflettono nella salute individuale, ma hanno anche ricadute sistemiche sull’intero sistema sanitario.
Le barriere economiche e il costo dell’assistenza
Sebbene il Servizio Sanitario Nazionale italiano si fondi sui principi di universalità, equità e gratuità alla fruizione dei servizi essenziali, numerosi studi dimostrano che persistono importanti barriere economiche che limitano l’accesso effettivo alle cure, soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione.
Tali barriere non sempre si manifestano come costi diretti per le prestazioni sanitarie, ma spesso come costi indiretti o ostacoli organizzativi che, di fatto, creano una disuguaglianza di opportunità nell’utilizzo dei servizi.
I costi diretti e indiretti dell’assistenza
Nel sistema sanitario italiano, molte prestazioni sono soggette a ticket, ossia quote di partecipazione alla spesa sanitaria per esami, visite specialistiche e farmaci. Per le persone con redditi medio-bassi, soprattutto in presenza di patologie croniche o comorbilità, tali costi possono diventare gravosi.
Secondo l’Istat (2025), nel 2024 circa una persona su dieci (9,9 per cento) ha riferito di avere rinunciato negli ultimi 12 mesi a visite o esami specialistici, principalmente a causa del dilungarsi delle liste di attesa (6,8 per cento della popolazione) e per la difficoltà di pagare le prestazioni sanitarie (5,3 per cento).
Oltre ai ticket, esistono costi indiretti, quali:
Spese di trasporto per raggiungere strutture sanitarie
Perdita di giornate lavorative per sé o per familiari
Costi di assistenza domiciliare non coperta dal Ssn
Acquisto di farmaci o dispositivi medici non rimborsabili
Questi oneri, se cumulati, possono generare un impatto significativo sul bilancio familiare, soprattutto nelle aree interne o rurali dove la distanza dai servizi comporta tempi e spese maggiori (OECD, 2024).
Effetti sulla salute e sul sistema sanitario
La rinuncia alle cure, causata da barriere economiche, ha conseguenze dirette sugli esiti di salute. Patologie che potrebbero essere gestite in fase precoce si aggravano, richiedendo interventi più complessi e costosi. Ciò non solo peggiora la qualità della vita dei pazienti, ma comporta anche un aggravio di spesa per il sistema sanitario nel medio-lungo periodo (WHO, 2019).
Questa dinamica è particolarmente evidente nelle malattie croniche, dove la continuità assistenziale è cruciale: la mancata aderenza ai piani terapeutici, dovuta ai costi di farmaci o visite di controllo, è associata a maggiori complicanze, ricoveri e mortalità
Verso un’assistenza più equa: prospettive e sfide future
Contrastare le disuguaglianze di salute richiede un approccio sistemico e multisettoriale, che superi la dimensione puramente clinica e tenga conto dei determinanti sociali, economici e culturali. È necessario rafforzare le politiche sanitarie orientate all’equità, sviluppando strategie che non si limitino a garantire prestazioni, ma che incidano concretamente sull’accessibilità, sulla qualità e sulla continuità dei servizi, in particolare per le fasce più vulnerabili della popolazione.
Un ruolo centrale è svolto dai servizi territoriali e dalle politiche di prevenzione, che rappresentano l’ossatura di un sistema sanitario realmente vicino alle persone. L’investimento in tali ambiti non solo riduce la pressione sugli ospedali, ma permette di affrontare precocemente le malattie croniche e di contrastare i fattori di rischio legati agli stili di vita e alle condizioni sociali.
Accanto alle politiche pubbliche, diventa imprescindibile valorizzare il ruolo degli infermieri e degli altri professionisti sanitari, figure che operano quotidianamente a contatto con i cittadini e che possono farsi promotori di educazione alla salute, advocacy per l’equità e facilitazione dell’accesso ai servizi. La loro formazione deve includere una maggiore consapevolezza dei determinanti sociali e culturali della salute, al fine di rendere la presa in carico più integrata, inclusiva e orientata alla persona. Le istituzioni e la politica hanno la responsabilità di adottare strategie lungimiranti che riducano i divari territoriali e sociali.
Ciò implica investimenti mirati nelle aree più fragili, potenziamento delle infrastrutture sanitarie, adeguamento del personale e misure di sostegno economico per le famiglie a rischio di esclusione sanitaria. Senza un forte commitment politico, le disuguaglianze rischiano di perpetuarsi, alimentando sfiducia nelle istituzioni e peggiorando le condizioni di salute collettive. Allo stesso tempo, è fondamentale coinvolgere attivamente le comunità locali, affinché diventino parte integrante nella progettazione e valutazione dei servizi.
Il loro contributo può favorire soluzioni più vicine ai bisogni reali e rafforzare il senso di corresponsabilità nel promuovere salute e benessere. Infine, non si può trascurare l’importanza della ricerca, che deve essere maggiormente orientata all’analisi delle disuguaglianze e alla valutazione dell’impatto delle politiche adottate. Una solida base di evidenze è indispensabile per guidare le decisioni politiche e allocare in maniera più equa le risorse disponibili.
Solo attraverso un impegno collettivo – che veda istituzioni, professionisti sanitari, comunità e cittadini uniti in una visione comune – sarà possibile rendere la salute un diritto realmente universale ed esigibile, indipendentemente dall’origine, dal reddito o dallo status sociale. Le strategie politiche dovranno, quindi, trasformare questo principio in azioni concrete, capaci di tradurre l’equità da obiettivo teorico a realtà quotidiana.
Le disuguaglianze di salute in Italia restano un nodo critico che mette alla prova la coesione sociale e la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale. I dati dimostrano come fattori economici, geografici, culturali e sociali continuino a influenzare in modo significativo l’accesso ai servizi e gli esiti di salute, generando divari che non possono essere considerati accettabili. Affrontare questo fenomeno significa adottare politiche sanitarie orientate all’equità, rafforzare la prevenzione e i servizi territoriali, investire in ricerca e garantire un utilizzo più omogeneo ed efficiente delle risorse.
In questo percorso, gli infermieri e gli altri professionisti sanitari rivestono un ruolo chiave, poiché operano a stretto contatto con le comunità e sono in grado di intercettare precocemente i bisogni di salute. Il contrasto alle disuguaglianze non è quindi una sfida solo sanitaria, ma politica e culturale. Richiede il coinvolgimento delle istituzioni, degli operatori e della cittadinanza, in un’ottica di responsabilità condivisa. La sfida delle disuguaglianze richiede continuità, visione e coraggio: solo in tal modo sarà possibile costruire un sistema più equo e sostenibile per le generazioni future.